Scorgiamo la struttura in fondo ad un viale alberato, cosparso di erbacce e tronchi caduti. Si riconosce a colpo d'occhio quella che una volta era un'illustre casa di riposo e di cura, posta tra gli ulivi in cima alla collina. Una di quelle da cui si respira aria buona e si guarda il panorama. Al centro di accese polemiche, l'ospizio ha cessato la sua attività nel primo decennio del 2000 a seguito della carenza dei requisiti per svolgere l'attività.
Nel parco scorgiamo tre strutture, molto diverse tra loro: un antico palazzotto carminio, una piccola casetta dalla pianta quadrata e, sul fondo, quella più simile ad una clinica.
Il primo che decidiamo di esplorare è il palazzotto a due piani in tipico stile colonial
e. Nel piano inferiore notiamo un muro incenerito da un corto circuito all'impianto elettrico, un letto e alcune sedie a rotelle ammucchiate in una stanza. I piani superiori sono quasi spogli, fatta eccezione per qualche sedia, alcuni capi di abbigliamento e alcuni articoli per la prima infanzia.
Che gli ultimi inquilini fossero delle famiglie bisognose?
Usciamo dal primo blocco e ci dirigiamo verso la successiva sistemazione. Questa ha tutta l'aria di una villetta da cui sono state ricavate due unità abitative separate. Ci sono ancora i piatti in cucina e la lavastoviglie aperta... Sembra che non ci siano stati molti vandali da queste parti, altrimenti ci sarebbero molti più danni!
Ci inoltriamo tra le sterpaglie, in direzione della clinica. La porta principale è socchiusa, come se fosse in attesa del nostro arrivo. All'interno, la portineria in vetro ed il quadro elettrico sono come nuovi; è la prima volta che ci capita di trovare una struttura così integra.
Lunghi corridoi silenziosi dividono le stanzette in cui si svolgevano le attività quotidiane: la cappella con il confessionale, la sa
crestia con i testi e gli abiti talari, la toelette ed in fondo, le stanze per la fisioterapia. Sui muri ci sono ancora le foto degli ospiti della struttura. Chissà dove saranno stati trasferiti dopo la chiusura... Intenti a scattare qualche foto, una di noi tocca l'interruttore della luce. PANICO! C'è ancora la corrente elettrica ed i neon si accendono. E adesso?! Sfidiamo la sorte e proseguiamo il giro, d'altronde non stiamo facendo nulla di male.
Il primo piano è ancora allo stato grezzo di cemento e foratini. Ci sono attrezzi da lavoro, pacchi di mattonelle ed infissi accostati ai muri, come se dovessero installarli da un momento all'altro.
Il terzo piano è quello dove troviamo la realtà degli ospiti: i loro nomi sono sulle porte delle stanze. Doppie, singole, triple. Vogliamo sperare che si tenevano compagnia a vicenda, chissà quanti racconti, quante confidenze hanno raccolto quei muri... Alcuni armadi erano completamente vuoti, ma altri raccontavano molto su chi li aveva riempiti; si distinguevano palesemente abiti "normali" da altri molto più ricercati e costosi.
Riacquistiamo l'uscita. La fame si fa sentire e ci precipitiamo in trattoria a recuperare le calorie perse 😁
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Nel parco scorgiamo tre strutture, molto diverse tra loro: un antico palazzotto carminio, una piccola casetta dalla pianta quadrata e, sul fondo, quella più simile ad una clinica.

e. Nel piano inferiore notiamo un muro incenerito da un corto circuito all'impianto elettrico, un letto e alcune sedie a rotelle ammucchiate in una stanza. I piani superiori sono quasi spogli, fatta eccezione per qualche sedia, alcuni capi di abbigliamento e alcuni articoli per la prima infanzia.
Che gli ultimi inquilini fossero delle famiglie bisognose?
Usciamo dal primo blocco e ci dirigiamo verso la successiva sistemazione. Questa ha tutta l'aria di una villetta da cui sono state ricavate due unità abitative separate. Ci sono ancora i piatti in cucina e la lavastoviglie aperta... Sembra che non ci siano stati molti vandali da queste parti, altrimenti ci sarebbero molti più danni!
Ci inoltriamo tra le sterpaglie, in direzione della clinica. La porta principale è socchiusa, come se fosse in attesa del nostro arrivo. All'interno, la portineria in vetro ed il quadro elettrico sono come nuovi; è la prima volta che ci capita di trovare una struttura così integra.

crestia con i testi e gli abiti talari, la toelette ed in fondo, le stanze per la fisioterapia. Sui muri ci sono ancora le foto degli ospiti della struttura. Chissà dove saranno stati trasferiti dopo la chiusura... Intenti a scattare qualche foto, una di noi tocca l'interruttore della luce. PANICO! C'è ancora la corrente elettrica ed i neon si accendono. E adesso?! Sfidiamo la sorte e proseguiamo il giro, d'altronde non stiamo facendo nulla di male.
Il primo piano è ancora allo stato grezzo di cemento e foratini. Ci sono attrezzi da lavoro, pacchi di mattonelle ed infissi accostati ai muri, come se dovessero installarli da un momento all'altro.

Riacquistiamo l'uscita. La fame si fa sentire e ci precipitiamo in trattoria a recuperare le calorie perse 😁
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